Controllare computer o cellulari dei dipendenti: via libera alle aziende
Dopo l’articolo 18 anche l’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori va in soffitta. La nuova riforma del mercato del lavoro prevede infatti che l’azienda possa effettuare controlli a distanza sui propri dipendenti attraverso impianti audiovisivi (pc, tablet, telefoni aziendali) senza la necessità di accordi sindacali preventivi. Basterà aver consegnato ai lavoratori un documento di policy sulla privacy che li informi sull’utilizzo di questi strumenti. Sdegnata la reazione della Cgil: « Sui controlli a distanza siamo al colpo di mano». Lo afferma la segretaria nazionale Serena Sorrentino, sottolineando che le novità del Jobs act «pongono un punto di arretramento pesante» rispetto allo Statuto dei lavoratori. «Non solo daremo battaglia in Parlamento», ma anche «verificheremo con il garante della privacy se ciò si può consentire», aggiunge.
Le Norme
A spiegare nello specifico le novità è la relazione illustrativa che accompagna il testo dello schema di decreto legislativo in attuazione del Jobs act, assegnato - insieme agli altri tre che completano la delega - alle Camere per i pareri delle commissioni (per cui sono a disposizione 30 giorni), dopo il primo via libera del Consiglio dei ministri di giovedì scorso. L’articolo 23 del dlgs in questione detta, quindi, la nuova disciplina dei controlli a distanza del lavoratore, riscrivendo quanto previsto dall’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori. In pratica le novità riguardano i dispositivi tecnologici (come computer, tablet e telefonini messi a disposizione dei dipendenti dall’azienda) e gli strumenti per misurare accessi e presenze come i badge. Negli altri casi, invece, per installare impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo servono l’accordo sindacale o l’autorizzazione da parte del ministero del Lavoro (per le imprese con più unità dislocate in una o più regioni).
Adeguata informazione
I dati che ne derivano possono essere «utilizzati ad ogni fine connesso al rapporto di lavoro, purché sia data al lavoratore adeguata informazione circa le modalità d’uso degli strumenti e l’effettuazione dei controlli, sempre, comunque, nel rispetto del Codice privacy», si legge sempre nella relazione illustrativa. Nel dettaglio, l’articolo al primo comma prevede che «gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali. In mancanza di accordo possono essere installati previa autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più Direzioni territoriali del lavoro, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali». E prosegue: «La disposizione di cui al primo comma non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze». Quindi si precisa che «le informazioni raccolte ai sensi del primo e del secondo comma sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196», il codice sulla privacy.
Fonte: http://www.corriere.it/
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