PRESUPPOSTI DEL LICENZIAMENTO
Il licenziamento del lavoratore subordinato può essere legittimamente intimato qualora sussista una giusta causa o un giustificato motivo.
CASI DI LIBERA RECEDIBILITA’
In alcuni casi il licenziamento del lavoratore subordinato può essere intimato anche in assenza di giusta causa o giustificato motivo.
Si tratta del:
licenziamento durante prova
licenziamento dei lavoratori domestici
licenziamento dei dirigenti
licenziamento di lavoratori che hanno raggiunto i requisiti per la pensione di vecchiaia che non abbiano esercitato l’opzione di proseguire il rapporto prevista dall’art. 6 del D. L. 791/1981 o dall’art. 6 L. 407/1990
FORMA DEL LICENZIAMENTO
Il licenziamento deve essere intimato in forma scritta a pena di inefficacia. Un licenziamento comunicato senza forma scritta deve considerarsi inidoneo ad estinguere il rapporto di lavoro.
MOTIVI DEL LICENZIAMENTO
Qualora i motivi del recesso non siano contenuti nella lettera di licenziamento, il lavoratore può richiedere in qualsiasi modo al datore di lavoro i motivi che hanno determinato il recesso entro i 15 giorni successivi alla data in cui ha ricevuto la comunicazione del licenziamento. La comunicazione dei motivi deve avvenire in forma scritta entro 7 giorni dalla ricezione della richiesta.
I motivi che hanno indotto al licenziamento non possono essere modificati.
La motivazione del licenziamento deve essere specifica e completa, in modo da consentire di individuare con chiarezza e precisione la causa del recesso.
LICENZIAMENTO PER GIUSTA CAUSA
E’ possibile recedere anticipatamente dal contratto a termine o senza preavviso dal contratto a tempo indeterminato qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria del rapporto. Il comportamento del lavoratore in questi casi è talmente grave da far venir meno il vincolo fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore, vincolo che costituisce il presupposto essenziale della collaborazione e, quindi, della sussistenza del rapporto di lavoro subordinato.
L'onere della prova della sussistenza della giusta causa di licenziamento spetta al datore di lavoro.
Il licenziamento per giusta causa può assumere la natura di licenziamento disciplinare ogni qualvolta sia stato intimato in relazione alla violazione da parte del lavoratore degli obblighi derivanti dal rapporto di lavoro. In tali casi esso deve essere intimato, pena l'illegittimità, con l'osservanza della procedura prevista dall’art. 7 L. n. 300/1970.
GIUSTIFICATO MOTIVO
In presenza di un giustificato motivo è possibile licenziare con preavviso un lavoratore assunto a tempo indeterminato.
Un licenziamento per giustificato motivo può essere la conseguenza di un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del lavoratore, anche solo potenzialmente tale da arrecare pregiudizio al datore di lavoro, non così grave però da rendere impossibile la provvisoria prosecuzione del rapporto di lavoro. In questo caso si configura la fattispecie del licenziamento per giustificato motivo soggettivo.
Il provvedimento del licenziamento per giustificato motivo soggettivo in quanto intimato in relazione ad un inadempimento del lavoratore assume natura disciplinare e deve, pertanto, essere intimato con l'osservanza della relativa procedura.
Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo può inoltre essere determinato da cause aziendali legate all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento dell’azienda.
La sussistenza di un giustificato motivo oggettivo di licenziamento è subordinata al verificarsi di due condizioni:
il recesso deve essere determinato da obiettive esigenze organizzative o produttive aziendali;
il lavoratore licenziato non potrà essere riutilizzato in altro settore aziendale.
In questo caso si configura la fattispecie del licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
IMPUGNAZIONE DEL LICENZIAMENTO
Il licenziamento che si ritenga affetto da vizi può essere impugnato a pena di decadenza mediante un atto scritto, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore, anche attraverso l'intervento dell'organizzazione sindacale.
L'impugnazione deve pervenire al datore di lavoro entro 60 giorni dalla ricezione da parte del lavoratore della comunicazione del licenziamento stesso o dei motivi se richiesti.
La dichiarazione di impugnazione deve essere resa al datore di lavoro.
CONSEGUENZE DELL’INVALIDITA’
Sono previsti 2 differenti gradi di tutela garantiti ai lavoratori il cui licenziamento sia stato riconosciuto illegittimo.
A seconda dei casi il lavoratore può invocare la tutela reale o la tutela obbligatoria.
TUTELA REALE
La tutela reale si concretizza nell’ordine impartito dal giudice al datore di lavoro ed immediatamente esecutivo:
di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro, a meno che quest’ultimo non rinunci alla reintegrazione;
risarcire il danno subito dal lavoratore, versare i contributi assistenziali e previdenziali relativi al periodo intercorrente tra il recesso e il provvedimento di reintegrazione Il diritto del lavoratore al risarcimento del danno nella misura delle retribuzioni perdute e, in ogni caso, in misura non inferiore a 5 mensilità della retribuzione globale di fatto, sorge per effetto dell'accertamento dell'illegittimità del licenziamento, indipendentemente dalla prova di qualsiasi pregiudizio.
Al prestatore di lavoro è data la facoltà di chiedere al datore di lavoro in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un'indennità pari a quindici mensilità di retribuzione globale di fatto, fermo restando il diritto al risarcimento del danno.
TUTELA OBBLIGATORIA
I dipendenti di aziende di piccole dimensioni o con strutture organizzative di minore complessità hanno diritto alternativamente alla riassunzione o al risarcimento del danno.
Il risarcimento è dovuto al lavoratore quando il rapporto di lavoro viene ripristinato.
L’indennità risarcitoria sarà di importo compreso tra un minimo di 2,5 e un massimo 6 mensilità.
Nel caso di datori di lavoro con oltre 15 dipendenti, la misura massima della predetta indennità può essere maggiorata:
fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità di servizio superiore ai 10 anni;
fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore a 20 anni.
IN QUALI CASI SI APPLICA LA TUTELA REALE
La tutela reale si applica ai licenziamenti intimati da:
datori di lavoro, imprenditori e non, che nella sede, stabilimento, filiale nella quale ha avuto luogo il licenziamento, occupino più di 15 dipendenti, o più di 5 se imprenditori agricoli;
datori di lavoro, imprenditori e non, che nell'ambito del comune nel quale ha avuto luogo il licenziamento occupino più di 15 dipendenti, o più di 5 se imprenditori agricoli, anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunga tali limiti;
datori di lavoro, imprenditori e non, che comunque occupino più di 60 dipendenti;
imprese che comunque occupano più di 15 dipendenti e che abbiano attuato le procedure di mobilità previste dalla legge n. 223/1991, da esubero di Cassa integrazione guadagni straordinaria o da riduzione di personale.
Indipendentemente dal numero dei lavoratori occupati dal datore di lavoro - e quindi anche nei casi dove, di regola, vigerebbe il principio della c.d. "libera recedibilità" - il lavoratore ha diritto alla tutela reale qualora il licenziamento sia stato intimato per motivi politici, sindacali, religiosi, di razza, di lingua o di sesso, di handicap, di età o basati sull'orientamento sessuale o sulle convinzioni personali.
COMPUTO DEI DIPENDENTI
I lavoratori da considerare sono quelli subordinati,. I part-time vanno considerati in proporzione all’orario svolto rapportato al tempo pieno: La legge esclude dal computo:
gli apprendisti;
il coniuge e i parenti del datore di lavoro entro il secondo grado in linea retta e in linea collaterale;
i lavoratori assunti con contratto di reinserimento.
Il computo dei dipendenti va effettuato tenendo conto della normale occupazione dell’impresa nel periodo antecedente il licenziamento
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